La mietitura o “lo batte”, quando si raccolgono i frutti della terra

Chi ci conosce, sa quanto ci piace dedicare il nostro tempo libero alla scoperta delle tradizione ed usanze marchigiane.

In questa foto, Francesco Anconetani, detto “Sanità”, nelle campagne di Loreto (provincia di Ancona)

Abbiamo dedicato lunghi capitoli alle usanze di Pasqua, alle ricette tipiche e spesso, sfogliando gli album dei ricordi di famiglia, troviamo nuovi spunti per nuovi contenuti. Ce ne sarebbero abbastanza per scriverci una enciclopedia, ed abbiamo ancora la fortuna di avere al nostro fianco due nonne che, pur avendo sulle spalle diverse primavere, ancora ci raccontano aneddoti della loro gioventù, sicuramente edulcorate dalla nostalgia e dai ricordi.

Stavolta, capitolo a parte, tocca proprio alla mietitura, chiamata anche “lo vatte” nell’entroterra e nel maceratese. Ed è ovvio che in una società come quella marchigiana, dove il ritmo della vita era scandito dalla natura e dalle esigenze dei campi, questo era un appuntamento fisso, carico di aspettative e di fatica.

Ma come regolarsi per organizzare il lavoro?

L’occhio esperto dei contadini sapeva quando il grano era pronto per essere battuto, o mietuto.
Ma tendenzialmente la fase della mietitura si concentrava tra la fine di giugno ed il mese di luglio.
Un noto proverbio locale diceva:

“dopo San Giovanno, pijo la falce e vo spuntanno.
Dopo san Petro, pijo la falce e meto”

Dopo la festa di San Giovanni(24 giugno), prendo la falce e posso iniziare a mietere.
Dopo la festa di San Pietro (29 giugno), prendo la falce ed inizio a mietere .

Proverbio contadino marchigiano

Nello specifico, nelle campagne adibite a grano, il giorno della mietitura era un’occasione che mobilitava tutta la famiglia e tutto il vicinato. Era l’occasione per radunarsi, prima al lavoro e poi con i relativi momenti di convivialità.
In queste occasioni, dove prima c’era il dovere e poi il piacere, la sveglia suonava davvero presto. Il carro che accompagnava i contadini, il biroccio, veniva caricato delle spine del grano che venivano tagliate con la falce fenara e poi trasportati in un luogo adatto per essere ammucchiate, il covo.

Durante il lavoro, i contadini si dividevano in gruppi e linee.
La prima linea, solitamente formata da uomini, (questo non era la regola, ovviamente), procedeva con falci e falcioni, tagliano il grano e le sue spighe quanto più possibile vicino alla terra.
Subito dopo partiva un’altra fila di lavoratori, stavolta composta solitamente da donne, che procedevano a raccogliere le spighe una ad una e a legarle insieme in fascine.
I più giovani, scattanti e agili, prendevano queste fascine e le portavano al bordo del campo, mettendoli in maniera tale da formare il covo, dove le spighe si sarebbero, nel tempo, seccate.

In questa foto Maria Anconetani, nelle campagne di Loreto (Provincia di Ancona).
Dietro la giovane ragazza, si vedono i covi del grano ammassati.

Partecipavano a queste giornate di lavoro anche i bambini in età scolare, già… perchè anche se il ragazzo proveniva da una famiglia che gli poteva consentire l’accesso agli studi, in questo periodo dell’anno la scuola era finita, pertanto anche gli studenti potevano aiutare la loro famiglia in questo lavoro.

La fatica era tanta, ed i più fortunati inframezzavano il lavoro estenuante con delle soste veloci in cui degustare un pasto frugale: pane e formaggio o qualche frutto.

Spesso la mietitura durava anche più giornate, e richiedeva tutte le forze dei contadini. Si stima che per mietere un ettaro di terra ci volesse una giornata di lavoro e una squadra di una dozzina di persone.
E al termine delle giornate di mietitura, il lavoro non finiva lì.
Ci si armava di nuovo di “biroccio” e si procedeva ad una prima aratura del terreno.

Ritratto fotografico della famiglia Antonelli di Castelfidardo (Provincia di Ancona).

Solo alla fine del gran lavoro, ci si raccoglieva attorno al tavolo con i familiari, con i vicini per ringraziarli di aver dato una mano, e spesso anche con i proprietari della terra; non dimentichiamo difatti che nelle nostre zone si lavorava per mezzadria ed erano pochi gli agricoltori che potevano vantare di possedere un campo di loro proprietà.

E’ questo il pranzo dove si deve far “bella figura”, sia davanti ai padroni che davanti ai vicini.
Si cucina per ore, ed è questa l’occasione per servire i frutti del lavoro di un anno di fatica: si preparano arrosti gustosi, si cuociono erbe di campo selezionate, si servono affettati e vino.
Ma quello che si fa per tradizione, è accendere il fuoco e preparare il sugo del batte, appuntamento fisso della mietitura. L’oca e le rigaglie di pollo sono tra gli ingredienti caratteristici di questo sugo.

Il gusto di questo sugo rimane piuttosto grasso, data la tipologia della carne utilizzata. Ogni famiglia usava la pasta che preferiva: si passava dalle tagliatelle classiche, ai “tacconi” (chiamate anche “tagliatelle pelose”), ovvero delle tagliatelle fatte con acqua e semola, ma nella nostra famiglia, quando si preparava il sugo del batte, si usavano i “boccolotti”, quindi un tipo di pasta corta simile ai rigatoni, ma più grandi.

Leggete la ricetta dei maccheroni del batte qui.

Maccheroni del batte
Maccheroni del batte

…Qualche piccola curiosità…
Ad evidenza di quanto l’appuntamento della mietitura sia legalo alla vita sociale marchigiana , vi ricordiamo che nella città di Osimo, nella frazione di Campocavallo, ancora oggi la tradizione del “covo” è forte e vivida.
Sin dal 1939 i paesani organizzano una festa dove viene mostrato un carro con una costruzione realizzata interamente con spighe di grano dai contadini del luogo, chiamata proprio “covo”.
Ogni anno viene realizzato un covo nuovo e con un soggetto diverso, ma con uno stesso denominatore comune: i temi provengono sempre dalla religione e rappresentano solitamente chiese, santuari e luoghi di culto di tutto il mondo.

Link sponsorizzati inseriti nella pagina #adv

  • Mousse al torrone bianco – che delizia!

    Mousse al torrone bianco – che delizia!

    Abbiamo dato la ricetta ad una nostra amica, che ci ha informato che ha usato questa mousse al torrone bianco per farcire il pandoro…


  • Ravioli salmone, lime e pepe rosa.

    Ravioli salmone, lime e pepe rosa.

    Quest’anno per il cenone della Vigilia di Natale abbiamo avuto l’idea di creare questi sfiziosi ravioli salmone, lime e pepe rosa! Insomma, non ci andava di preparare il classico, seppur buono, risotto di pesce, e sapevamo che già il posto d’onore della tradizione sarebbe stato dedicato al tradizionale stoccafisso all’anconetana, sapientemente preparato dalle mani sante…


  • Confettura di mele cotogne – ricetta di stagione!

    Confettura di mele cotogne – ricetta di stagione!

    Così in quei giorni assieme, abbiamo preparato questa ottima confettura di mele cotogne in modo da averne una scorta per la stagione fredda, la cotognata, le caramelle di mele cotogne ed in ultimo, i biscotti ripieni di mele cotogne.


Pubblicato da soffiodizefiro

Siamo Veronica e Carlo e da quando le nostre vite si sono unite abbiamo deciso di condividere le nostre avventure con il popolo del web. CONTATTI: [email protected] www.facebook.com/soffiodizefiro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.